Ecco un articolo riportato dal quotidiano "la stampa",che indica un 2009 positivo per l'ovale blu.
Throel: «L'Italia è un esempio, siamo da record»
La strada è ancora lunga, ma Ford ha imboccato quella giusta. Mentre Gm s’è aggrappata ai fondi di Obama (in «coma vigile» sta svendendo i gioielli di famiglia) e Chrysler è stata miracolosamente salvata da Fiat, la terza Big di Detroit ha trovato nelle proprie risorse la forza per risalire. I 5,9 miliardi appena ricevuti dal governo federale non sono a fondo perduto, solo un prestito a tasso agevolato per sviluppare tecnologie ecologiche, ed entro fine 2011 è previsto il pareggio di bilancio. Perfino sul mercato americano le cose vanno meglio, o meno peggio: a giugno Ford ha limitato la flessione di vendite (11% contro il 30% e oltre delle ex grandi sorelle) e aumentato del 5,4% i piani di produzione del terzo trimestre. Non siamo ancora al benessere industriale, però i segnali sono molto confortanti.
L’uomo della riscossa si chiama Alan Mulally, 63 anni. Guida il gruppo dal settembre 2006, il Ceo dalle mosse vincenti . La prima è stata anticipare la crisi ottenendo subito un prestito di 23,5 miliardi di dollari garantito dagli asset aziendali per finanziare il piano di rilancio. Poi ha ridotto il debito (10,1 milioni) risparmiando 500 milioni di interessi passivi l’anno, quindi ha patteggiato con i sindacati la riduzione del costo di mano d’opera da 76 a 55 dollari, infine ha varato (maggio di quest’anno) un aumento di capitale di 300 milioni per finanziare il fondo pensionistico. Soprattutto, ha scommesso sull’ovale blu tagliando i costi e ottimizzando nel mondo ricerca, sviluppo, acquisti, piattaforme.
«È nato così il concetto One Ford - spiega Gaetano Thorel, presidente della filiale italiana - che è la chiave del ritrovato successo. Un unico marchio, globale, che può permettersi di correre da solo come pochi altri, direi soltanto Toyota e Volkswagen. Non è un caso che le nostre azioni, arrivate a un minimo di 1,01, siano risalite fino a 5,65. C’è fiducia, la sensazione concreta di farcela. Con quasi 6 milioni di veicoli si va lontano: gli altri cercano alleanze, noi non ne abbiamo bisogno».
Merito, anche, di modelli più appetibili, concepiti in Europa ma in sintonia con le nuove realtà americane. Come la Fiesta (200 mila ordini in 5 mesi) che sbarcherà in Usa a gennaio, prodotta in Messico. «Fondamentali - prosegue Thorel - sono state le scelte di Lewis Booth nel campo dello stile. Lui ha voluto il kinetic design, arma vincente delle nostre nuove generazioni. Servono macchine che facciano battere il cuore, ci ha detto, altrimenti non si vendono. Ha ragione: ora le abbiamo e sono un successo». Proprio l’Europa è trainante, in questa sfida solitaria della Ford: «In un mercato che ha perso il 14%, nei primi 5 mesi noi siamo a -7,5% con uno share del 9%, in crescita». E l’Italia è diventata un modello da seguire.
Numeri tutti positivi. «L’anno orribile - osserva Thorel - per noi è diventato un anno da record. A giugno registriamo più 31,62% di vendite rispetto al 2008, nei primi 6 mesi il mercato ha fatto -10,69% e noi il 15% di crescita. L’obiettivo finale è assestarci al 10% di quota in Italia. Fiesta va fortissima, dietro solo alla Punto e molto distante dalle altre rivali, Ka ha già 19.500 richieste sulle 23.000 che potremo soddisfare quest’anno, Kuga è partita bene. La rete è composta da partner intelligenti che non sono avidi. E ci premiano le strategie vincenti: come Fiat in Germania, abbiamo cavalcato gli incentivi, offrendo alimentazioni alternative e vetture ideali per contrastare la crisi».